Rapporto tra archivio e utente

Gli sto­ri­ci ten­do­no a con­si­de­ra­re gli arc­hi­vi come fon­ti sto­ric­he e quin­di a cir­cos­cri­ve­re la dis­ci­pli­na a pura euris­ti­ca del­le fon­ti.
La defi­ni­zi­one ita­li­ana è l’unica che rico­nos­ce dig­nità di arc­hi­vio anc­he ai docu­men­ti del­la fase cor­ren­te; infat­ti quel­la fran­ce­se è sen­za dub­bio quel­la più vici­na alla nos­tra; men­tre quel­la ingle­se risen­te del­la pre­sa di posi­zi­one teori­ca di The­odor Schel­len­berg cir­ca il rico­nos­ci­men­to del­la quali­fi­ca di arc­hi­vio solo ai docu­men­ti sele­zi­ona­ti per la con­ser­va­zi­one peren­ne e all’istituto del­la inin­ter­rot­ta cus­to­dia per il man­te­ni­men­to del valo­re pro­ba­to­rio.
L’intervento del Cen­cet­ti (1937) è fon­da­men­ta­le per più ver­si: oltre ad aver col­to l’essenza dell’archivio e ad aver evi­den­zi­ato un nesso ins­cin­di­bi­le tra produttore/archivio e il vin­co­lo tra car­te e car­ta, con­ce­de piena dig­nità di arc­hi­vio alle car­te pro­dot­te dai pri­va­ti, un tra­gu­ar­do rag­gi­un­to con fati­ca e che la nor­ma­ti­va ita­li­ana pren­de in piena con­si­de­ra­zi­one solo nel­la legge 22 dicembre 1939, n°2006. Il Cen­cet­ti tor­na sul con­cet­to di vin­co­lo arc­hi­vis­ti­co (vin­co­lo che fin dal loro nas­ce­re lega le car­te d’archivio) for­mu­la in modo deci­so la teoria del ris­pec­c­hi­amen­to (è ine­sat­to dire che l’archivio ris­pec­c­hia l’ente, per­c­hé è l’ente mede­si­mo), e pro­cla­ma l’unicità dell’archivio (è impo­ssi­bi­le dif­fe­ren­zi­are teore­ti­ca­men­te l’ufficio di pro­to­col­lo dall’archivio, l’archivio cor­ren­te da quel­lo di depo­si­to: tut­to è arc­hi­vio), dic­hi­ara l’esistenza di un solo meto­do di ordi­na­men­to (il meto­do sto­ri­co, cioè quel­lo impos­to dal­la ori­gi­na­ria nece­ssità del vin­co­lo arc­hi­vis­ti­co). Sot­to­li­nea infi­ne la nece­ssità deon­to­lo­gi­ca che a mon­te dell’operare pra­ti­co dell’archivista ci sia una soli­dità teori­ca. Il Cen­cet­ti pre­ci­sa le dif­fe­ren­ze tra le due natu­re tra arc­hi­vio e bibli­ote­ca, indi­vi­duò quat­tro pun­ti:

  • L’autenticità dei docu­men­ti d’archivio;
  • La fun­gi­bi­lità dei libri;
  • La natu­ra com­mer­ci­ale dei libri;
  • L’indivisibilità dei com­ple­ssi arc­hi­vis­ti­ci.

Negli anni set­tan­ta arri­va­no spun­ti di aggi­us­ta­men­to: Claudio Pavone. Secon­do lui, l’archivio ris­pec­c­hia infat­ti innan­zi tut­to il modo con cui l’istituto orga­ni­zza la pro­pria memo­ria, cioè la pro­pria capa­cità di auto docu­men­tar­si in rap­por­to alle pro­prie fina­lità pra­tic­he.
Filip­po Valen­ti va anco­ra oltre: pro­po­ne di par­la­re di vin­co­lo “medi­ato e arti­co­la­to” tra sog­get­to pro­dut­to­re e arc­hi­vio e intro­du­ce il con­cet­to di isti­tu­to con­ser­va­to­re. In tal modo l’archivistica si con­fi­gu­ra come dis­ci­pli­na di ricer­ca e come euris­ti­ca del­le fon­ti docu­men­ta­rie che stu­dia nel loro reale e sto­ri­co nas­ce­re, stra­ti­fi­car­si, tra­smet­ter­si e con­ser­var­si.

In ques­to con­tes­to le nuove tec­no­lo­gie e la fase cor­ren­te dell’archivio assu­mo­no nuove iden­tità e han­no dunque bisog­no di nuove atten­zi­oni:

  1. 1. Le nuove tec­no­lo­gie: l’introduzione del­le nuove tec­no­lo­gie ha impos­to che la res­pon­sa­bi­lità del­la con­ser­va­zi­one fosse deter­mi­na­ta con mag­gi­ore pre­ci­si­one e inci­si­vità ris­pet­to al passa­to car­ta­ceo. L’art. 23 gennaio 2002, 10 “Attuazione della direttiva 1999/93/CE rela­ti­va alle fir­me elet­tro­nic­he, dic­hi­ara l’efficacia pro­ba­to­ria del docu­men­to infor­ma­ti­co, che, se sot­tos­crit­to con fir­ma elet­tro­ni­ca, sod­di­sfa il requ­isi­to lega­le del­la for­ma scrit­ta.
  2. 2. La fase cor­ren­te: la defi­ni­zi­one ita­li­ana è l’unica che rico­nos­ce dig­nità di arc­hi­vio anc­he ai docu­men­ti del­la fase cor­ren­te.

Nel­la nor­ma­ti­va ita­li­ana si tro­va una rica­du­ta di ques­te nuove defi­ni­zi­oni e atten­zi­oni degli stu­di­osi. L’art. 22 comma 2 della legge 7 agosto 1990, n°241 “Nuove nor­me in mate­ria di pro­ce­di­men­to ammi­nis­tra­ti­vo e di dirit­to di acce­sso ai docu­men­ti ammi­nis­tra­ti­vi” così reci­ta: E’ con­si­de­ra­to docu­men­to ammi­nis­tra­ti­vo ogni rap­pre­sen­ta­zi­one gra­fi­ca, foto­ci­ne­ma­to­gra­fi­ca, elet­tro­mag­ne­ti­ca o di qualunque altra spe­cie del con­te­nu­to di atti, anc­he inter­ni, for­ma­ti dal­le pub­blic­he ammi­nis­tra­zi­oni o, comunque, uti­li­zza­ti ai fini dell’attività ammi­nis­tra­ti­va. E il DPR 20 ottobre 1998,n°428, poi con­flu­ito con alcu­ne modi­fic­he nel DPR 28 dicembre 2000, n°445, impo­ne ai pro­dut­to­ri di orga­ni­zza­re la for­ma­zi­one e la ges­ti­one dei docu­men­ti in modo da garan­ti­re un sis­te­ma arc­hi­vis­ti­co effi­ci­en­te e in gra­do di sod­di­sfa­re le ric­hi­es­te sia dell’utenza inter­na sia di quel­la ester­na.
Men­tre l’R.D. 25 gennaio 1900, n°35 dis­tin­gue tra arc­hi­vio cor­ren­te e arc­hi­vio di depo­si­to. Per quan­to rigu­ar­da l’archivio sto­ri­co bisog­na arri­va­re alla leg­ge 22 dicembre 1939, n°2006 e al DPR 30 settembre 1963, n°1409.

In con­clu­si­one, vi sono tre tipi di arc­hi­vio iden­ti­fi­ca­ti dal­la legis­la­zi­one ita­li­ana:

  1. cor­ren­te: rela­ti­va agli affa­ri incor­so; in ques­ta fase i docu­men­ti sono usa­ti pre­va­len­te­men­te per fina­lità pra­ti­co-ammi­nis­tra­ti­ve;
  2. arc­hi­vio di depo­si­to: per la par­te di docu­men­ta­zi­one rela­ti­va ad affa­ri esa­uri­ti, non più occor­ren­te quin­di alla trat­ta­zi­one degli affa­ri in cor­so – oltre 40 anni, ma non anco­ra des­ti­na­ta isti­tu­zi­onal­men­te alla con­ser­va­zi­one per­ma­nen­te e alla con­sul­ta­zi­one da par­te del pub­bli­co; in ques­te fase ten­de a dimi­nu­ire l’utilizzazione dei docu­men­ti da par­te dell’ente che li ha pro­dot­ti e ad aumen­ta­re la ric­hi­es­ta di uti­li­zza­zi­one da par­te dei ricer­ca­to­ri;
  3. arc­hi­vio sto­ri­co: per la par­te di docu­men­ta­zi­one rela­ti­va ad affa­ri esa­uri­ti, des­ti­na­ta – pre­vie ope­ra­zi­oni di scar­to – alla con­ser­va­zi­one per­ma­nen­te per garan­tir­ne in for­ma ade­gu­ata la con­sul­ta­zi­one al pub­bli­co per fina­lità di stu­dio o non di stu­dio.

Il ter­mi­ne “arc­hi­vio” può anc­he esse­re con­fu­so se usa­to non in ter­mi­ni tec­ni­ci, ma più gene­ri­ci. In Ita­lia il ter­mi­ne “arc­hi­vio” viene usa­to, oltre che per desig­na­re il com­ple­sso dei docu­men­ti, anc­he per indi­ca­re altre due real­tà:

  • Il loca­le o i loca­li den­tro i quali si con­ser­va­no i docu­men­ti arc­hi­vis­ti­ci; ma soprat­tut­to che l’archivio nel­la nor­ma­ti­va più recen­te, è un ser­vi­zio, non un maga­zzi­no;
  • Il per­so­na­le che si occu­pa del­la for­ma­zi­one, ges­ti­one, sele­zi­one e con­ser­va­zi­one dei docu­men­ti arc­hi­vis­ti­ci.

La col­lo­ca­zi­one isti­tu­zi­ona­le degli arc­hi­vi può esse­re indi­ca­ta innan­zi­tut­to con il R.D. 5 marzo 1874, n°1852 il quale attri­bu­is­ce gli arc­hi­vi al Minis­te­ro dell’interno. 14 dicembre 1974 si istituisce il Ministero per i bei culturali e ambientali, nel quale con­flu­is­co­no – in segu­ito alla leg­ge 29 gennaio 1975, n°5 – gli arc­hi­vi e gli altri beni cul­tu­ra­li pro­ve­ni­en­ti dal Minis­te­ro del­la pub­bli­ca istru­zi­one. Ma l’affermazione espli­ci­ta che gli arc­hi­vi sono beni cul­tu­ra­li avvi­ene nel tes­to nor­ma­ti­vo cioè nel D.lgs. 29 ottobre 1999, n°490.
Si posso­no indi­vi­du­are alcu­ne fasi di vita dell’archivio. La pri­ma è la cir­co­la­re Asten­go (del Minis­te­ro dell’interno del 1° marzo 1897, n°17100/2) all’articolo 17 affer­ma che ogni uffi­cio comu­na­le deve tene­re due dis­tin­ti arc­hi­vi: uno cor­ren­te (per atti ini­zi­ati e non com­pi­uti); l’altro di depo­si­to. Anc­he il R.D. 25 gennaio 1900, n°35 dis­tin­gue tra arc­hi­vio cor­ren­te e arc­hi­vio di depo­si­to, l’archivio sto­ri­co viene defi­ni­to dal­la leg­ge 22 dicembre 1939, n°2006 e al DPR 30 settembre 1963, n°1409. Infat­ti l’art. 20 del­la L. 2006 pres­cri­ve che i comu­ni capo­lu­og­hi di pro­vin­cia e con una popo­la­zi­one supe­ri­ore ai 50.000 abi­tan­ti deb­bo­no isti­tu­ire sepa­ra­te sezi­oni di arc­hi­vio per gli atti ante­ri­ori al 1870; art. 30 del DPR 1409/63 affer­ma che i docu­men­ti rela­ti­vi ad affa­ri esa­uri­ti da oltre 40 anni cos­ti­tu­is­co­no la “sepa­ra­ta sezi­one d’archivio”.
La pre­sen­za di tre fasi di vita degli arc­hi­vi è rece­pi­ta anc­he dal già cita­to DPR 428/1998 ora nel DPR 445/2000 e dal D.lgs 490/1999 per i beni cul­tu­ra­li.
A par­ti­re dal 1975 gli arc­hi­vi dipen­do­no dal Minis­te­ro per i beni e le atti­vità cul­tu­ra­li. Men­tre è anco­ra l’art. 1 del DPR 3 settembre 1963, n°1409 che deter­mi­na i com­pi­to dell’amministrazione degli arc­hi­vi di Sta­to:

  • Con­ser­va­re;
  • Eser­ci­ta­re la vigi­lan­za.

Gli orga­ni che prov­ve­do­no alla con­ser­va­zi­one degli arc­hi­vi e dei docu­men­ti di cui al pun­to uno sono:

  • L’Archivio cen­tra­le del­lo Sta­to con sede in Roma (ACS);
  • Gli Arc­hi­vi di Sta­to con sede nei capo­lu­og­hi di pro­vin­cia.

Gli Arc­hi­vi di Sta­to (uno per ogni cit­tà capo­lu­ogo di pro­vin­cia) sono isti­tu­ti peri­fe­ri­ci dell’amministrazione arc­hi­vis­ti­ca depu­ta­ti alla con­ser­va­zi­one degli arc­hi­vi degli sta­ti ita­li­ani pre-uni­ta­ri, degli arc­hi­vi sto­ri­ci ver­sa­ti degli uffi­ci sta­ta­li atti­vi nel­la cir­cos­cri­zi­one di com­pe­ten­za del sin­go­lo Arc­hi­vio di Sta­to e di qual­si­asi arc­hi­vio o docu­men­to per­ve­nu­to per dirit­to (in quan­to bene dema­ni­ale o inde­ma­ni­ato), per acqu­isi­zi­one a tito­lo gra­tu­ito od one­ro­so, per depo­si­to, per espro­prio od altro moti­vo.
La vigi­lan­za sugli arc­hi­vi degli enti pub­bli­ci e sugli arc­hi­vi pri­va­ti dic­hi­ara­ti di note­vo­le inte­re­sse sto­ri­co spet­ta alle Soprin­ten­den­ze arc­hi­vis­tic­he, che sono dis­tri­bu­ite una per regi­one.
Una ges­ta­zi­one lun­ga ma che ha pro­dot­to un’organizzazione non pri­va di difet­ti, ma è il risul­ta­to del­lo sfor­zo di una nazi­one che si è vis­ta divi­sa e poi uni­ta (1861) e infi­ne ha dovu­to orga­ni­zza­re una mol­ti­tu­di­ne di docu­men­ta­zi­one ete­ro­ge­nea. Dare uni­for­mità a ciò che nas­ce ete­ro­ge­neo è quasi impo­ssi­bi­le, ma nel­lo spe­ci­fi­co si posso­no indi­vi­du­are carat­te­ris­tic­he sto­ric­he, basa­te sul nesso arc­hi­vis­ti­co, che ren­do­no la ricer­ca uno stu­dio cos­tan­te sia del­le fon­ti che dei docu­men­ti. Divi­ene fat­to­re impor­tan­te, a ques­to pun­to, l’inventario pro­pos­to dall’Istituto ma anc­he un approc­cio sci­en­ti­fi­co da par­te dell’utente. Un serio e cos­ci­en­zi­oso uten­te con l’aggiunta di ele­men­ti di cor­re­do sem­pli­ci e tras­pa­ren­ti aiute­ran­no la ricer­ca ma daran­no piena uti­lità e vigo­re agli ele­men­ti arc­hi­vis­ti­ci. Come ulti­mo valo­re si può intro­dur­re la pre­sen­ta­zi­one dei fon­di arc­hi­vis­ti­ci in base agli stan­dard ISAD tra­mi­te i quali l’informazione è acce­ssi­bi­le anc­he ad un pub­bli­co non pro­pri­amen­te teori­co.

Bibli­ogra­fia:
Gior­get­ta Bon­fi­glio-Dosio, Pri­mi passi nel mon­do degli arc­hi­vi, Temi e tes­ti per la for­ma­zi­one arc­hi­vis­ti­ca di pri­mo livel­lo, Cle­up, Pado­va 2003;
Isa­bel­la Zan­ni Rosi­el­lo, Anda­re in arc­hi­vio, Il Muli­no, Bolog­na 1996;
Paola Cruc­ci, Le fon­ti arc­hi­vis­tic­he: ordi­na­men­to e con­ser­va­zi­one, Caroc­ci edi­to­re 2003.

(Izla­ga­nje je odr­ža­no 25. stu­de­no­ga 2006. na 2. ZAD — danu)

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